
Uno su tutti: Pato. Da lui bisogna ripartire. Il "papero" ci prova in tutti i modi, a volte è sicuramente troppo egoista, ma le migliori azioni del Milan sono arrivate grazie alle sue accelerazioni, alle sue grandi giocate. Benussi è stato bravo in qualche circostanza, ma è il Milan che è stato incapace di colpire. Le conclusioni di Flamini sono parse timidi passaggi, mentre le scorribande cui ci aveva abituato Kakà (che evidentemente non sta ancora bene, nonostante quello che cice il Brasile), un impolverato ricordo.
La verità è che a correre rimasti davvero in pochi. Flamini gira a vuoto, Pirlo è in parabola discendente da ormai qualche mese a questa parte, Seedorf è fischiato dal pubblico di San Siro che ormai non lo può più vedere; se poi si riflette su una difesa, quella titolare di oggi, che si regge sulle 37 primavere di Favalli e sulle oltre 40 di Maldini, le difficoltà del Milan sono presto spiegate. Serve una rivoluzione copernicana, caro Galliani, altro che "non spenderemo". Perchè non si può sempre sperare che Ronaldinho, che tra parentesi ogni volta che entra in campo fa i solchi nella zona che va a occupare da quanto è fermo, sfiori con i capelli un colpo di testa di Senderos e che Pippo Inzaghi (che in rossonero venga presto santificato!) continui a segnare per tutta la vita. Capitolo a parte merita poi Shevchenko: uno che ha fatto la storia del Milan e che finora è stato impegnato con il contagocce. Non ha mai detto niente, ma ogni volta che è stato chiamato in causa ha sempre dato il suo contributo. E' anche tornato al gol con la sua Nazionale, contro il Lecce ha fatto l'assist per Inzaghi: forse merita qualche possibilità in più...
Per dovere di cronaca va ricordato che il Milan, grazie ai tre punti ottenuti con i denti nel finale di partita contro un Lecce che si è difeso con ordine per 90' sfiorando addirittura un clamoroso vantaggio con Tiribocchi, conferma di essere la terza forza del campionato alle spalle di Inter e Juventus. La Champions League è l'obiettivo minimo per una squadra che ha l'obbligo, soprattutto verso i propri tifosi, di un immediato quanto radicale cambiamento.
Andrea Tabacco / Eurosport